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La colonna sonora di The Last Of Us

  • Immagine del redattore: Jonathan Ghidotti
    Jonathan Ghidotti
  • 6 set 2021
  • Tempo di lettura: 18 min

INTRO


Ho avuto tante diverse belle cose nel corso della mia infanzia. Giocattoli, libri, videogiochi… non tanti tanti, le condizioni economiche erano decisamente precarie, però sicuramente non ho avuto un’infanzia triste e priva di feticci.

Una cosa però non l’ho mai avuta: la Playstation 1.


In casa mia il detto era «Troppa televisione fa male!» o «vedi di giocare solo un’oretta ogni tanto se no chissà cosa succede!» e «Questi videogiochi però mi sembrano un po’ violenti…»

Ed è per questo che in casa mia c’era solamente MAMMA NINTENDO con i suoi Pokemon, Super Mario e compagnia bella.

Scelta stupida? Assolutamente no. Ogni gioco ha un suo target e penso vada rispettato… vero è però che sulla play c’erano anche giochi non violenti, vero Naughty Dog?


Nel 1996 esce sulla prima console di casa Sony un videogioco destinato a fare la storia: Crash Bandicoot. Questo platform 3D prodotto da Naughty Dog divenne in pochissimo tempo un successo che venne replicato l’anno successivo con il seguito e due anni dopo con il terzo titolo.


Naughty Dog, la piccola casa con sede a Santa Monica (California) inizia così a divenire un piccolo punto di riferimento per gli appassionati del gaming. Il successo si ripete in epoca Playstation 2 grazie alla splendida trilogia su Jack & Daxter, platform tridimensionale che poco a poco si evolve fino a divenire un vero e proprio sandbox alla GTA, e poi su PS3 con quei capolavori di Uncharted 1, 2 e 3.

La svolta però avviene al termine della vita di PS3 ed è una svolta per il mondo del gaming, per Naughty Dog e per il sottoscritto.


Nel 2013 un'epidemia generata dal fungo Cordyceps mutato si scatena negli Stati Uniti d'America, trasformando gli esseri umani in creature aggressive chiamate infetti. È proprio in questo frangente che ha inizio il gioco. Ci troviamo nei panni di Joel che insieme a suo fratello Tommy e a sua figlia Sarah tenta una fuga disperata dagli infetti.


Il gioco è un successo mondiale. Acclamato dalla critica, dai videogiocatori, considerato da moltissimi il miglior gioco di sempre, considerato dalla critica un capolavoro al pari di Ocarina of Time e Super Mario 64. Vincitore di oltre 200 premi, vincitore del game of the Year e soprattutto il videogioco che si è preso le mie lacrime e il mio cuore e non me li ha più ridati.


The last of Us è un’avventura dura, cruda, desolante, spiazzante, dolorosa e meravigliosa.

Ricordate cosa vi ho detto prima? Joel, Tommy e Sarah tentano una rocambolesca fuga dagli infetti… peccato che sia solo il prologo.

Ricordo benissimo che prima di giocare i miei amici mi dissero: «preparati, una roba così non l’hai mai vista.»

Avevano ragione.


Benvenuti o bentornati su Mangianastri, io sono Jonathan e oggi parliamo della colonna sonora di The Last of Us.



IL COMPOSITORE: GUSTAVO SANTAOLALLA


Gustavo Santaolalla, classe 1951 non è il solito compositore di colonne sonore. Non ha studiato composizione, non si è diplomato in nessun College of music di qualcosa e sopratutto non ha iniziato la sua carriera musicale scrivendo musica per altri.

Inoltre Santaolla non sa leggere la musica e non sa scriverla (nel senso di scrivere i suoi brani su pentagramma) e per questo non utilizza mai l’orchestra nelle sue colonne sonore.


"I don't see myself as a film composer. I see myself as more of an artist that uses different forms to express myself. I love it all.”


“Non mi vedo come un compositore per film. Mi vedo più come un’artista che utilizza mezzi differenti per esprime sé stesso.”

Così si descrive e questo spiega molto sulla sua musica.


La sua carriera musicale inizia del 1967 a soli 16 anni quando co-fonda il gruppo degli Arco Iris, una band che univa i suoni Rock a quelli della musica latina argentina. Nel ’75 lascia per diverbi e da lì fino al 1990 fonderà altre band e pubblicherà dischi in gruppo e in singolo.

Nel 1990 inizia a lavorare anche per l’industria cinematografica e televisiva firmando la colonna sonora di Amores Perros primo film di Inarritu e primo film della trilogia della morte composta da 21 grammi e Babel. Proprio Babel eleva Santaolalla nell’olimpo dei compositori di Hollywood facendogli vincere il suo secondo premio Oscar nel 2006 (il primo venne vinto l’anno prima per la colonna sonora de I misteri di Brokeback Mountain).


La musica di Santaolalla non è semplice da ascoltare, o meglio, non è quella che ti metti nelle cuffie quando sei in stazione o in aereo. È più una musica da divano, da sdraio e montagne davanti o da letto e soffitto impresso negli occhi.


È una musica frammentata, intima, che vive di piccoli archi melodici o spesso di piccoli motivi reiterati, mascherati. È una musica piena di respiro ma non il respiro alla Giuseppe Verdi o alla John Williams fatto di melodie ariose, cantabili, leggere. I respiri di Santaolalla sono spezzati, meditativi e affannati.

Sono il respiro dell’anziano prima del tramonto.

«Suonare tante note è semplice, ti alleni e lo fai… non suonare è un pochino più complesso. Ho sempre amato essere distratto con la musica, aspettare che la scena finisca e che la musica subentri entrando in sintonia con lo spettatore.»


Il suo lavoro per The Last of Us non tradisce questa sua affermazione, anzi la porta a livelli ancora maggiori siglando uno dei lavori meglio legati al gameplay e alla narrativa presenti sul mercato videoludico.

La scelta di Santaolalla come compositore è stata quasi obbligata anche perchè Neil Druckman e il suo team stavano utilizzando proprio delle melodie del compositore argentino per farsi un’idea del mood generale del gioco. Alla richiesta da parte di Naughty Dog si è dimostrato subito entusiasta è ha stretto un buon rapporto con Druckman, tanto da divenire fondamentale nella scelta di alcune scene e nella modifica di altre. Druckman stesso ha detto di aver costruito alcune scene fondamentali del gioco attorno alla musica di Gustavo e, chi l’hai giocato lo sa, chi non l’ha giocato si fidi: questa sinergia è stratosferica.


A parer mio definire la colonna sonora di The Last of Us come un personaggio extra, a metà strada tra i personaggi e il giocatore non è per nulla sbagliato. Santaolalla riesce a inserire in ogni brano un pezzettino di Joel, o di Ellie svelando al giocatore poco a poco pezzettini del loro animo, delle loro fragilità, delle loro paure e delle loro speranze. E se questo normalmente avviene nelle grandi colonne sonore qui la svolta avviene proprio grazie alla sinergia che si è creata tra musica e gioco in fase di produzione.

Ma parliamone meglio.


L’USO DELLA MUSICA NEL GIOCO ED IL SOUND DESING


Prima caratteristica della Colonna Sonora: il silenzio.

Di silenzio abbiamo parlato tanto qui su Mangianastri. Abbiamo visto l’utilizzo del silenzio all’interno della colonna sonora di The legend of Zelda Breath of the WIld che frammenta la colonna sonora in piccoli ricordi sbiaditi e ruderi così come Hyrule è spezzata. Abbiamo visto il silenzio in Dark Souls che contrappone la desolazione di un regno ormai morto alla paura viscerale dei suoi Demoni più agguerriti. Abbiamo poi visto il silenzio in Bioshock sapientemente usato per accrescere la sensazione di panico nel giocatore.

Qui il silenzio si avvicina molto all’utilizzo fatto in Zelda con la sola ma grande differenza che lì si vola, si canta, si corre tra i prati e si cucinano deliziosi manicaretti al chiarore di luna mentre qui la civiltà è crollata, i familiari sono diventati degli zombie e i protagonisti hanno perso tutto se non l’aria nei polmoni.

Parliamo di un silenzio opprimente che viene riempito dall’ansimare di Joel o dalle frasi ancora per poco fanciullesca di Ellie. È un silenzio che merita di essere discusso perchè capostipite di una serie di scelte videoludiche che avverranno da qui in avanti. Breath of the wild è indubbiamente figlio di questa scelta così come lo è il soft reboot di God of War (ma di questo avremmo modo di parlarne in un futuro non troppo lontano).


Ovviamente è un silenzio che serve anche ad accrescere la tensione soprattutto in quelle fasi in cui ci troviamo costretti ad agire di soppiatto e dove il minimo rumore può trasformarsi in un morso fatale o in un colpo di pistola. Chiunque abbia giocato a The Last of Us avrà provato un brivido di gelo lungo la schiena la prima volta che ha sentito i versi senza senno dei Runner o lo “squittio” dei Clicker.

Il sound design di The Last of Us è semplicemente uno dei migliori e giocare con le cuffie permette di sentirsi proprio lì, al fianco di Joel ed Ellie mentre si cerca di piantare un coltello in gola al Clicker di turno.


E poi ci sono i cut a nero.


Un cut a nero è quel momento in cui la ripresa si interrompe e lo schermo rimane nero… e fidatevi è un mezzo potentissimo.

The last of Us è pieno di Cut a nero che a mio parere hanno una duplice funzione:

  1. Funzione numero 1: tirarti un pugno in faccia. Questa funziona è molto simile al Cliff anger alla fine di una serie televisiva. Mettiamo caso che stiamo guardando un episodio di Don Matteo, siamo all’ultimo episodio della stagione e i produttori hanno deciso di fare una marachella al pubblico: mettere in prigione Don Matteo. Immaginatevi la scena: c’è il maresciallo che guarda don Matteo, don Matteo che guarda il maresciallo… «Don Matteo lei è in arresto» zoom sul volto di Terence Hill eeee taglio! nero.

SBAM! Pugno in faccia a vostra nonna che adesso passerà tutto l’anno a chiedersi «Ma come è possibile? Ma don Matteo, ma come si può?» E bla bla bla. Qui funziona uguale solo che non siamo nel finale del gioco (anche se lì avviene il cut a nero più bello e straziante di sempre), non avviene una sola volta ma ci sono almeno 4 tagli a nero di una potenza distruttiva e con potenza distruttiva intendo brivido sulla schiena, pad appoggiato sulle gambe e sguardo perso nel nero.


E la musica è FONDAMENTALE perchè questi cut abbiano l’effetto desiderato. E qui abbiamo il ritorno della musica così come intesa da Santaolalla stesso «aspettare che la scena finisca e che la musica subentri entrando in sintonia con lo spettatore.» E questa cosa funziona perchè a differenza delle parole la musica non parla al nostro cervello ma alla nostra anima. La musica non viene percepita come ragionamento ma come emozione pura ed è proprio per questo che è la principale fonte di lacrime alla fine del prologo e quindi alla presenza del primo cut a nero del gioco.


  1. Funzione numero 2: I personaggi hanno una loro vita al di fuori del videogioco. In The Last of Us i cut a nero non solo provocano una serie di emozioni nel giocatore ma servono anche a sottolineare il progredire della trama. È pratica quasi sistematica nel primo The Last of Us assistere a un salto temporale dopo un cut a nero. Avviene all’inizio quando passano 20 anni dalla fine del prologo all’inizio del gioco e avviene al seguito del cut a nero che avete appena sentito dove passano diverse settimane. Questo a mio parere permette al giocatore di percepire i personaggi come vivi e di immedesimarsi con le loro vicende senza però sentirsi loro. Mi spiego meglio: nessuno giocando The Last of Us si sentirà Joel perchè il giocatore non ha totale controllo sul personaggio Joel. Joel ha una sua storia, un suo background, un suo carattere e per di più vive dei momenti sconosciuti al controllo del giocatore proprio durante l’arco narrativo del gioco.


È una gran figata questa soprattutto perchè la scelta di caratterizzare così tanto i personaggi ha permesso alla musica di divenirne una specie di ritratto in movimento.

E quindi, finalmente, parliamone.

Seguitemi in quelli che ritengo essere i 4 brani principali di The Last of Us.


THE LAST OF US (JOEL)


Partiamo dal più famoso e dal primo scritto da Santaolalla: The last of Us, il main theme del gioco, ovvero la traccia che state ascoltando.


Santaolalla compose questo brano appena gli arrivò la proposta dal Naughty Dog. Non turno tanto specifici dalla casa di produzione californiana, gli spiegarono ovviamente il mood, la storia, l’ambientazione, gli fecero sentire la lista di brani che aveva selezionato come punti di riferimento (tra cui vi ricordo figuravano molti brani del compositore argentino) ma non gli diedero dei paletti.


Il risultato è questo splendido tema caratterizzato dall’utilizzo di diversi strumenti a corde chiamati Ronroco, della famiglia dei charango. I charango sono degli strumenti a corde molto simili alle chitarre, appartenenti alla famiglia del liuto e composti da 5 coppie di corde accordate rispettivamente su: SOL SOL DO DO MI MI LA LA MI MI per un accordo vuoto di La minore settima.

Il ronroco è uno degli strumenti preferiti da Santaolalla e presenta un suono leggermente metallico che risulta vagamente minaccioso, selvaggio… caratteristiche che condivide benissimo con Joel, uno dei due protagonisti del gioco.


Credo fermamente di poter dire che “The Last of Us” non è solo il tema del gioco ma è il tema di Joel e mi sento di fare questa affermazione per due diversi aspetti.


  1. Gli strumenti musicali come descrizione dell’animo di Joel. Joel è un uomo di mezza età a cui hanno ucciso la figlia, che ha perso la casa, che vive grazie al contrabbando e che è giunto a costruirsi una corazza in grado di non fargli più provare tutto quel dolore che l’ha lacerato alla perdita di Sarah. È un uomo duro, estremamente realista e disilluso da una vita che gli ha tolto tutto.

Questa sua ruvidità viene ben espressa dagli strumenti musicali utilizzati:

  • Ronroco

  • Chitarra elettrica

  • Güiro (strumento di legno con delle scanalature che viene strofinato con l’utilizzo di un bastoncino anch’esso di legno)

  • Più una cassa distorta per essere più ruvida.


Una serie di timbri musicali che mi sento di definire “maschile”. Non perchè voglio creare delle etichette di genere, ci mancherebbe altro, la musica è l’arte più universale che ci sia, ma perchè penso descrivano bene un’ideale maschile. Quell’ideale del maschio solitario, rude che vive della fatica delle sue mani, che al tramonto si beve una birra mentre suona distrattamente una chitarra… un’ideale maschile tipicamente americano, che ben si sposa con il timbro delle chitarre e con il “genere” vagamente texano del brano. Un’ideale maschile che è proprio di Joel e che si sviluppa inevitabilmente in un rapporto estremamente paterno nei confronti di Ellie (e chi ha giocato entrambi i titoli sa bene di cosa parlo).


  1. L’arco melodico del brano che ricalca l’arco narrativo di Joel. I più attenti di voi forse ci avranno fatto caso ma all’inizio del brano ci sono dei passi che donano il ritmo al brano. Sono passi veri e propri che oltre ad accentuare quell’aspetto selvaggio di cui abbiamo parlato prima ci offrono uno spunto di riflessione interessante. Di chi sono quei passi? Sono di Joel o di Ellie? Sono metaforici? Sono i passi di qualsiasi persona resistita all’epidemia del Cordyceps?

Io penso proprio che possano essere letti come i passi di Joel e lo credo perchè credo che la struttura del brano abbia alcune caratteristiche in comune con le vicende di Joel. È un brano che va avanti a singhiozzo, che parte sottovoce e che presenta un tema a metà strada tra il malinconico e il determinato. 3 volte viene reiterato il tema principale e 2 volte si perde, prende altre strade, subisce delle interruzioni che risultano musicalmente più introverse, più ariose. Nella seconda interruzione modula addirittura in tonalità maggiore presentando una sezione estremamente serena e gradevole che però non può proseguire e si ripiega su sé stessa vino a chiudersi e tornare con maggior energia al tema principale.

3 reiterazioni del tema tutte e 3 le volte con maggior potenza come a scacciar via i ricordi felici o le illusioni di pace e tranquillità con tanto di violino nell’ultima ripetizione a rendere il tutto più malinconico. Come a focalizzarsi su quella che è la realtà, su quello che rimane di noi.


Strumento ad arco (questa volta violoncello) che ritorna nella prima riproposizione del brano, The last of us Never again.

Oltre a questa, estremamente malinconica, ci sono altre 3 versioni del tema:

  • Goodnight: ronroco solo che trasforma il brano in una ninna nanna desolante)

  • A new dawn: composto di due parti, la prima con il tema affidato ad uno strumento a fiato, che onestamente non riesco a riconoscere, sopra un tappeto di chitarre: la seconda percussioni con chitarra elettrica per un momento concitato e di tensione ma che c’entra ben poco con il tema.

  • You and me


E qui emerge l’evoluzione di Joel da uomo di mezza età disilluso e arrabbiato a uomo di mezza età un pochino disilluso, ancora un pochino arrabbiato ma con Ellie al suo fianco.

Non più solo.


Il titolo è chiaramente riferito a i due protagonisti e il tema affidato al ronroco con tappeto sonoro del contrabbasso evoca una intimità raggiunta ormai impossibile da spezzare.

Una intimità padre figlia per la quale Joel farebbe di tutto… letteralmente di tutto.


E poi abbiamo Ellie.


VANISHING GRACE (ELLIE)


Vanishing grace, letteralmente grazia evanescente, è il brano di Ellie… e lo è per diversi motivi ma prima di raccontarvi perchè bisogna rispondere ad un’altra domanda: chi è Ellie?


Ellie è una ragazzina di 14 anni, orfana e con un piccolo particolare sul suo braccio: un morso di un infetto mai mutato. Questo significa solo una cosa: Ellie è immune… e proprio intorno alla sua immunità ruota tutta la vicenda di The Last of Us che, ridotta ai minimi storici senza fare spoiler, è Joel che si trova costretto ad accompagnare Ellie da Boston fino a Salt Lake city con la speranza di produrre un vaccino.


Ellie è quindi una ragazzina… una ragazzina che non ha mai visto il mondo prima dell’epidemia.

Una ragazzina che non concepisce l’idea dei cinema, dello zoo o dei concerti.

Una ragazzina che nel corso dell’avventura colleziona fumetti e legge i vecchi diari delle persone considerandoli bizzarri.


Vanishing grace è per forza il tema di Ellie. Un tema dolce e calmo che suona palesemente come una ninna nanna e che cos’è una ninna nanna se non un ricordo di pace e tranquillità? Una ninna nanna eseguita per la prima metà da una tastiera elettrica con un suono che ricorda quello dei cariòn ma abbassato di almeno 3 ottave risultando si rassicurante ma ancora più “lontano”, come se si trattasse di un ricordo sbiadito.

A trasportare il ricordo alla realtà ci pensano due elementi:

  1. Il primo è la distorsione del suono. Il suono della tastiera non è mai pulito e cristallino e questo perché il tempo che stanno vivendo è un tempo del cavolo. Non ci sono più sonni tranquilli e Ellie non dorme più tranquillamente da molto tempo.

  2. Il secondo è l’intrusione della chitarra. Il suo ingresso getta una luce sinistra sul brano e certamente funziona come anticipazione di quello che avverrà. Ellie sta perdendo la sua innocenza. Inevitabilmente si ritrova costretta in un viaggio che la cambierà, la farà crescere ma in un modo lontano da quelli standard.


Ellie sarà costretta a uccidere e non solo zombie.

O Ellie o loro e non c’è spazio per i sentimentalismi quando porti sul braccio la possibile salvezza per il mondo intero… o almeno la speranza di una salvezza.


E così questo suo inevitabile crescere viene sottolineato dalle altre due versioni del tema: Innoncence e Childood.


La prima, come state ascoltando, affida il tema ad una chitarra acustica che risulta si calma, accogliente, dolce ma le chitarre sono gli strumenti del presente, della condizione attuale e segnano quindi un allontanamento ulteriore da quella innocenza da ragazzina di quattordici anni.

C’è però un secondo aspetto che penso possa essere interessante ed è proprio legato alla chitarra. Questo è si uno degli strumenti legati al presente, al dolore, a Joel e alla lotta contro un mondo ostile ma la chitarra è proprio lo strumento di Joel. Joel suona la chitarra e quest’ultima diviene vero e proprio strumento collante tra i due… e mi piace quindi pensare che il perdere l’innocenza combaci anche con il ritrovare e stringere un legame affettivo con Joel.

E questa seconda ipotesi penso possa acquisire valore alla luce della terza variante del tema: Childood.


E qui, per i conoscitore del titolo dico solo una parola: giraffe.

Questo brano accompagna una delle scene già belle tra Joel e Ellie, una di quelle scene che rimane impressa nella memoria ed il fatto che sia accompagnata da questa variante del tema e da questo titolo mi fa pensare a 2 cose:

  1. La prima è che, nonostante tutto, a questo punto della storia Ellie mantiene ancora un briciolo di innocenza, quell’innocenza che le permette di fare battute, brutte facce e correre dietro a delle giraffe.

  2. La seconda è che la sua innocenza diviene cura per Joel, diviene sollievo e speranza.

Il viaggio di Joel e Ellie non è solamente il viaggio per il vaccino ma diviene ovviamente contenitore di più aspetti.

  • Vi è la crescita di Ellie secondo però quei criteri detti prima, ovvero quelli che la portano a perdere la sua innocenza.

  • Vi è la presa di coscienza ed il superamento del lutto da parte di Joel.

  • Infine vi è il ritrovarsi l’uno nell’altro. Ellie ha perso i genitori, Joel ha perso la figlia… inevitabilmente si trovano ad essere due pezzi combacianti dello stesso puzle. E per questo vanishing Grace finisce per essere simbolo di speranza per i due… ma non la speranza di trovare un vaccino ma la speranza di poter essere di nuovo felici. Di pari passi il tema di The Last of Us You and me diviene il contraltare, la realtà dietro alla speranza.

La realtà per Joel.

La realtà per Ellie.


Una realtà dove la speranza però è una luce piccola e lontana.


ALL GONE

All gone è la traccia cardine del primo The last of Us. È la prima traccia melodica che sentiamo e accompagna la scena straziante del prologo facendoci capire sin dal principio che in The last of Us si ride proprio poco.


Voi avete appena sentito la prima versione del tema, o meglio, la versione che Santaolalla in vista dell’album ha deciso di intitolare All Gone. È una versione per chitarra elettrica sola ma con una caratteristica unica: è suonata con l’archetto del violino.

Santaolalla ha preso una chitarra elettrica e ha pensato «perchè non suonarla con un archetto?» E l’effetto è particolarissimo e super azzeccato per quelle che sono le vibes del gioco. È un suono metallico, spezzato, sporchissimo e molto instabile… è praticamente la descrizione del mondo di The Last of Us ed è quindi una scelta si strana ma che risulta conseguenza naturale di quella che è l’ambientazione del gioco.


Non è l’unica scelta strana che fa Santaolalla all’interno della sua colonna sonora. Non ne parleremo in questo episodio perchè ritengo che non siano fondamentali per comprendere la potenza di questo lavoro, potenza che si esprime a pieno quando unito alle immagini, ma ci sono tracce musicali solo di percussioni composte da tubi di metallo, chitarre percosse, qualche tamburo strano e un sacco di riverberi e rumori. In un altro paio di tracce utilizza una chitarra abbassata di 2 toni, ma mi a do ottenendo così un suono curo e instabile.


Se però le scelte strane riescono a amalgamarsi alla perfezione con le tonalità del gioco, ci sono altri due esempi in cui le stranezze cedono il passo alle emozioni.


Come per gli altri brani All gone si presenta in versioni differenti, ben 4 in questo caso che prendono il nome di:

  • Aftermath

  • No escape

  • Alone

  • The Outside


Se le ultime due sono musicalmente molto belle, con the outside che ha dei glissando nel grave che mamma mia, mi concentro sulle altre due.


Partiamo con Aftermath.


Prima caratteristica: il violoncello. Violino, violoncello, archi in generale fanno parte degli strumenti principali della colonna sonora di The last of Us. Sono strumenti dannatamente espressivi e molto efficaci per sottolineare situazioni di dolore soprattutto quando suonano a solo (pensate al tema di Schindler List). Qui il violoncello suona nel suo regista acuto rendendolo molto simile ad un lamento. Lamento che emerge soprattutto grazie alla struttura del brano, alla sua linea melodica.

Ascoltate: sono 3 note di cui la prima d’appoggio per la seconda che è più acuta e cresce d’intensità man mano che perdura nel tempo. Proprio questa nota acuta è il centro del motivo, è la nota che fa la differenza. 3 note: mi sol fa# con il sol che si eleva, aumenta di intensità, intona il suo lamento e poi si piega su fa#… su un semitono che come ben sappiamo è un intervallo che può risultare molto patetico.


La vera chicca del brano però è quello che avviene dopo, è l’ingresso della chitarra. C’è un video su yotube (link in descrizione) nel quale si vede Santaolalla che fa vedere per la prima volta il finale del prologo con la musica a Neil Druckman e la sua reazione al termine è un buffetto/pugnetto commosso al compositore. Perché quella chitarra singola lì sincronizzata con il singhiozzo di Joel mentre stringe il corpo esanime della figlia è una vera e propria lama nel costato. Santaolalla crea un silenzio, abitua l’ascoltatore ad uno spazio di sonoro e poi lo infrange introducendo un nuovo timbro, aumentando le sensazioni di dolore ed entrando in sintonia con la scena e con il pubblico.


Spazio sonoro che esprime ancor meglio con la seconda Versione di all gone, la più bella e struggente: All gone no escape.


Orchestra pieno per la traccia che accompagna l’inizio dell’epilogo. E se già la linea melodica è espressiva di suo l’utilizzo dell’orchestra in questo modo è un vero e proprio schiaffo. Solo frequenze basse, riverberi, un contrabbasso che scende nelle sue note più gravi, l’utilizzo di flauti bassi e poi il violoncello che abbandona il tema per espandersi e sottolineare tutte quelle emozioni che guidano Joel in quella corsa disperata… c’è del dolore consapevole in questa traccia, c’è compostezza c’è l’epilogo di un viaggio che ha portato fin troppo dolore.


All gone, tutto è perduto.

Tess è perduta.

Henry e Sam sono perduti.

Sarah è perduta.

L’innocenza di Ellie è perduta.

Joel è… joel è spinto da l’unica cosa che non è perduta… Ellie.



IN CONCLUSIONE


In conclusione: The last od Uf è un viaggio sia geografico che soprattutto introspettivo. Gli zombie da minaccia diventano ambiente e la paura e fragilità dell’essere umano prende il sopravvento mostrando persone ridotte all’estremo, selvagge, violente, disposte a tutto.

Mostra un padre a cui hanno strappato la figlia.

Mostra una figlia a cui hanno strappato i genitori.

E la colonna sonora diviene una tavolozza piena di colori perfetti per dipingere questo capolavoro videoludico.

Il lavoro di Santaolalla è drammatico, duro, crudo e allo stesso tempo delicato e frammentato. Una colonna sonora capace di accompagnare un videogioco splendido e trasformarlo in un capolavoro senza tempo.



E così siamo al termine di queste episodio monografico sulla colonna sonora di The last of Us.

Io sono Jonathan, questo è mangianastri e avete appena ascoltato il primo LATO A della seconda stagione di Mangianastri dedicato alla colonna sonora di The Last of Us.


Un episodio in cui l’analisi musicale ha lasciato molto spazio alla narrazione, alla spiegazione di come musica e immagini riescano a integrarsi in maniera perfetta. Ci sarebbero molte altre cose da dire a livello musicale, accennavo alle tracce solo ritmiche, alle stranezze di Santaolalla, alla mancanza di temi motivanti per i combattimenti… ma se penso a The Last of Us ed alla sua colonna sonora questo è l’unico modo che mi viene in mente per raccontarvela.


E prima di chiudere vi ricordo alcune cose belle. La prima è che Mangianastri è disponibile su qualsiasi piattaforma di ascolto e se lo ritieni utile puoi lasciare una recensione su apple podcast o seguirmi su Spotify in modo da non perderti i prossimi episodi, sarebbe davvero di aiuto.

Ti ricordo che puoi anche ascoltarmi su mangianastripodcast.com e non solo perchè il sito si è aggiornato con nuovi contenuti, con l’elenco delle mie composizioni originali e sopratutto con lo script di ogni episodio di Lato A così, se ti sei persa qualcosa o semplicemente non ti va di ascoltare la mia voce puoi leggere tutto quanto e commentare.

Commenti che puoi anche lasciare su Instagram @mangianastri_podcast dove non solo pubblico post inerenti alle cose di cui parlo; non solo pubblico le mie composizioni originali ma mi trovi live ogni lunedì sera dalle 21.00 alle 21.30 con Micro Tape! Un piccolo format (una microcassetta) di 30’ minuti in compagnia di amici dove parliamo di film, libri, musica, giochi ecc ecc.

E tra questi amici a volte ci sono anche gli amici di Consigliami un Film e BlogFullybooked, amici con i quali chiacchiero nel secondo format di mangianastri, LATO B, che torna tra 15 giorni sempre qui con una piccola novità tutta musicale.


E quindi grazie per avermi ascoltato fino a qui, spero di essere riuscito a raccontarti tutta la bellezza di questo gioco e della sua colonna sonora e noi ci risentiamo ogni lunedì dalle 21.00 alle 21.30 su Instagram o tra 15 giorni qui su mangianastri.

Ciao Ciao.


SITOGRAFIA


WIKIPEDIA




ARTICOLI



WIKI e REDDIT


VIDEO

TLOU why nobody talks about the music https://www.youtube.com/watch?v=7TYNLe8qjMc

El ronroco, el instrumento favorito de Gustavo Santaolalla https://www.youtube.com/watch?v=IypC-ow50uc

 
 
 

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